Albero di Natale, preferibile vero ma perché?

Si avvicinano le festività natalizie e, almeno l’88% delle famiglie italiane, fa l’albero di Natale. Dalla metà degli anni ’90, il classico albero di Natale vero, fatto con l’abete, viene accusato di deforestazione e di spreco, essendo per lo più usa e getta facendo quindi aumentare l’imitazione in plastica, longevo perché indistruttibile. Oggi, invece, si sta verificando una demonizzazione di quest’ultimi in quanto del tutto anti ecologici, per la loro “eternità” e l’anima di plastica. 

Le analisi finora svolte dicono che gli alberi veri hanno una impronta ecologica più bassa, e quindi migliore, rispetto a quelli artificiali: in termini di emissioni di CO2, un albero artificiale di 2 metri di altezza ha un’impronta di carbonio equivalente a circa 40 kg di emissioni, più del doppio di un albero reale che finisce la sua vita in discarica e più di 10 volte di quello di un abete vero che viene riutilizzato per produrre energia o compost.

E allora, che cosa scegliere?

Scegliere con cognizione di causa fra i pro e i contro di entrambe le tipologie di albero può avvenire spiegando come vengono prodotti realmente le due tipologie, e come vanno trattate in seguito all’acquisto per risultare scelte ecologiche.

L’albero di Natale vero deve provenire da vivai regolarmente autorizzati (regolamentati dalle L. 987/31 e L. 55/95): le maggiori concentrazioni produttive in Italia sono in Piemonte, Veneto e nel Casentino in Toscana e deve essere venduto da rivenditori autorizzati e devono essere provvisti di specifici cartellini di certificazione.

Solitamente la coltivazione avviene su terreni marginali di media collina e montani: l’attività di produzione dell’albero di Natale viene portata avanti con professionalità e profondo rispetto dell’ambiente, al fine di salvaguardare il territorio altrimenti abbandonato, con conseguente degrado idrogeologico in zone dall’equilibrio estremamente delicato e instabile come gli Appennini.

Al momento della commercializzazione, gli alberi di 6-10 anni vengono prelevati solitamente con la zolla: è sconsigliabile l’acquisto di piante a radice nuda o tagliate, anche perché più facilmente possono avere una provenienza dubbia in fatto di legalità.

Gli alberi veri, durante il periodo di crescita in vivaio, assorbono anidride carbonica dall’atmosfera, contribuendo a mitigare l’effetto serra. Quando vengono estirpati, sono (generalmente) sostituiti da altre giovani piante nello stesso vivaio, le quali continuano ad assorbire anidride carbonica dall’atmosfera.

Gli alberi di Natale artificiali sono quasi tutti prodotti in Estremo Oriente e trasportati per lunghe distanze, sono generalmente fatti in plastica come PVC o polietilene o altri derivati del petrolio, materiali notoriamente difficili se non impossibili da riciclare.

La scelta deve quindi essere consapevole. 

Scegliete sempre un albero di Natale vero, perché, eticamente, l’acquisto di un albero di plastica non può essere un usa e getta, ha un senso se l’oggetto verrà tenuto per almeno un decennio (meglio due) e smaltito magari donandolo a una parrocchia o a un mercatino dell’usato.

Anche l’albero di Natale vero può essere anch’esso da mantenere da un anno all’altro, in vaso o in giardino, oppure da smaltire nel cassonetto dell’organico se di piccole dimensioni, o da conferire ai Crm (Centri recupero materiali), oppure da riportare al punto vendita se è attivo il servizio di ritiro per il successivo compostaggio.

 

Alberi e Cambiamenti climatici – quanto è importante per un Paesaggista?

Quanto possono essere importanti gli alberi nei cambiamenti climatici che vediamo avere effetti costanti e sempre più amplificati e come deve tenerne conto un Paesaggista?

Il tema del verde, soprattutto per quanto agli alberi, è oggetto di continui aggiornamenti e valutazioni che impongono al Paesaggista la necessità di considerarne sia la conservazione sia l’implementazioni specialmente in ambito urbano.

Ci piace qui riportare un recente studio effettuato da Giovanni Bacaro, professore associato di Botanica ambientale e applicata dell’Università di Trieste, a proposito del valore degli alberi sia in termini di costo ma, in particolare, di benefici ambientali riferito dal Corriere della Sera: Quanto vale un albero? Circa 4.300 euro, tra rimozione di inquinanti e stoccaggio di CO2: i servizi offerti da un ippocastano in città | Corriere.it

Bagolaro o Spaccasassi – Celtis australis

Il bagolaro, nome scientifico Celtis Australis, è un albero molto diffuso in Italia e conosciuto anche con il nome di albero spaccasassi. Significative le derivazioni originarie dei suoi nomi:

Celtis – una pianta citata da Erodoto, Dioscoride e Teofrasto, ripreso da Plinio per una pianta africana, con frutti dolci;

australis – da auster austro/ostro, il vento del sud entità dell’area geografica in cui è stata inizialmente rinvenuta questa pianta;  

bagolaro – da bàgola, «bacca» derivata dal latino bacŭla per la caratteristica del suo frutto, una piccola drupa con polpa dolciastra;

spaccasassi – per la sua rusticità e con radici in grado di farsi strada tra le pietre e addirittura di penetrare nelle rocce sgretolandole.

Comune nella regione mediterranea è una pianta molto rustica, che cresce facilmente allo stato spontaneo, anche in terreni molto difficili.

È una pianta molto longeva, può superare anche i 500 anni di età, con crescita lenta, ma continua. Raggiunge altezze anche prossime ai 30 metri. Ha una chioma ampia e globosa, un tronco grosso fino a un metro, corteccia grigia, poco screpolata, foglie ruvide, ovali-lanceolate, fiori piccoli, giallicci.

Coltivata in modo intensivo per il suo legno molto pregiato, di color grigio-biancastro: duro, flessibile, tenace, elastico e durevole, adatto per piccoli lavori al tornio, per la fabbricazione di mobili, ma anche semplicemente per la produzione di carbone.

Dalla corteccia si riesce a ricavare un pigmento giallo, impiegato in tintoria.

Il frutto del bagolaro, una piccola drupa dalla dimensione di un’oliva dal sapore leggermente dolciastro e con poca polpa, rappresenta una buona fonte di fibre alimentari, proteine e vitamine, è da sempre usato per confetture e liquori.

Oggi l’utilizzo maggiore è come specie ornamentale nel verde pubblico, su viali e parchi. Con la sua ampia chioma, infatti, è perfetto per ombreggiare, non ha problemi con i terreni scarsi delle strade o con la copertura dell’asfalto. Resiste bene all’inquinamento e sopporta discretamente anche errori di potatura. Si dovrebbe comunque stare attenti a tenerlo lontano dalla rete idrica che potrebbe essere danneggiata dalle forti radici della pianta spaccasassi.

Curiosità

I rami più alti dell’albero di bagolaro ospitano una splendida farfalla, la Vanessa antiopa (Nymphalis antiopa), un’elegante specie di lepidottero italiano.

Pyrus calleryana varietà Chanticleer

Varietà orticola di un pero di origini cinesi, Pyrus calleryana ‘Chanticleer’  dalle eccellenti caratteristiche ornamentali, tali da meritare un posto di riguardo nei giardini privati, come nei parchi e nei viali cittadini perché è un albero facile, resistente allo smog, agli stress da siccità, al freddo anche intenso e quindi si può utilizzare in quasi tutta l’Italia.

Questo pero nel tempo raggiunge i 6-12 metri di altezza, ha la chioma compatta piramidale e adatta agli spazi ristretti. A foglia caduca, è bello sempre: in inverno, per la forma; in primavera, quando si trasforma in una strepitosa nuvola bianca: in estate, grazie al fogliame verde chiaro e ai piccoli frutti a forma di pera; in autunno, quando s’infiamma di rosso porpora, con i frutti arancio.

Il Pero nel passato era consacrato alla luna ed alla dea Era, la cui statua nell’Heràion di Micene era scolpita nel legno di Pyrus communis. In generale, per la forma del frutto che rammenta vagamente quella del ventre femminile, veniva associato ad Afrodite e considerato simbolo erotico.

In Cina il pero è simbolo di giustizia, longevità, purezza, saggezza e buona amministrazione. Esistono svariate leggende coreane che coinvolgono la pera nel donare fertilità alla donna, buona fortuna agli esami, saggezza e salute.